Nè i medici nè i pazienti europei desiderano dialogare con le aziende nei social media; le cose cambierebbero se…

Se ne parla tanto ma di solito si rimane sempre molto sul vago.

Al contrario, una ricerca condotta a livello europeo dalla EPG Health Media (la potete scaricare gratuitamente dal sito) indica in modo preciso chi e quanti sono coloro che si rivolgono ai social media per informazioni sulla salute, cosa precisamente cercano e con chi desiderano conversare, oggi e in prospettiva.

Ci sono alcune sorprese.

Il 66% dei pazienti e dei medici intervistati non mostra nessun significativo interesse a dialogare con le aziende.

E’ una constatazione che sembra cozzare con le molteplici riflessioni sulle opportunità, sia di immagine che commerciale, offerte dal web 2.0

Ecco allora i principali risultati:

  • in media, il 38% dei medici, pazienti e aziende è presente nei social media;
  • il vantaggio principale percepito nell’ uso dei social media è la possibilità di scambiare informazioni e condividere esperienze tra “pari”, difatti:

  • Il 45% dei pazienti e delle aziende desidera un più frequente dialogo con i medici mentre, come detto, solo una minore percentuale di pazienti (13%) e medici (14%) mostra interesse per una comunicazione interattiva con le aziende.

La brutta notizia per le aziende del settore salute è che ad oggi i pazienti e i medici pretendono che la conversazione su patologie, trattamenti, prodotti e brand sia “roba loro”,  senza l’ interferenza di messaggi commerciali.

La buona notizie è che sia i pazienti che i medici assegnano alle aziende un ruolo chiave per lo sviluppo dei social media; le aziende devono salvaguardare la correttezza delle informazioni diffuse online ed intervenire nel caso di informazioni scorrette o fuorvianti, che potrebbero danneggiare gravemente il paziente.

Perseguendo tale impegnativo ruolo – di custode della veridicità delle informazioni diffuse su Internet – le aziende potranno ottenere una fiducia e una credibilità molto alta, in grado poi di riflettersi sulle rispettive offerte di prodotto, di riqualificare i messaggi commerciali diffusi on line e di aprire alle aziende l’ opportunità di partecipare alla conversazione.

Mi sembra che la ricerca in questione abbia disegnato un’ interessante scenario.

Voi che ne pensate?

Simone Di Gregorio

13 risposte a “Nè i medici nè i pazienti europei desiderano dialogare con le aziende nei social media; le cose cambierebbero se…

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  2. Se “i pazienti e i medici pretendono che la conversazione su patologie, trattamenti, prodotti e brand sia “roba loro””, forse hanno delle buone ragioni che andrebbero conosciute, anche dalle aziende. E probabilmente sarebbe il caso che le aziende del settore cominciassero a considerare l’investimento in responsabilità sociale ed etica pubblica, prima di chiedere di essere depositarie della veridicità. La reputazione conta molto, in rete. Se non è sufficientemente buona c’è sempre un perché.
    saluti

  3. Hai centrato il punto.
    Dall’ indagine emerge proprio questo, ovvero la necessità da parte delle aziende farmaceutiche di costruirsi ex novo una reputazione online, presupposto primo per poter accedere alla “conversazione”.
    Grazie del commento.

  4. come si “misura” la reputazione online di una farmaceutica?

    Questo potrebbe dare spunti su come costruirla…

  5. Dall’ indagine emerge che i consumatori di prodotti per la salute vogliono innanzitutto dialogare con altri consumatori o con professionisti specializzati.
    Accetterebbero di entrare in conversazione con le aziende solo se queste fossero in grado di offrire un’ informazione libera dai contenuti meramente autopromozionali; un’ informazione perciò realmente utile, tesa ad aumentare la conoscenza e consapevolezza del consumatore su determinate patologie; tesa a migliorare la condizione di chi da tali patologie è affetto.
    E’ in quest’ ambito, almeno credo, che si gioca la partita della reputazione.

  6. Che i pazienti cercano altri pazienti per il confronto o una seconda opinione online è conclamato oramai. Ci sono tanti modelli di business di successo su questa scia, ma… il problem è che parlando di “reputazione”, oltre ad individuare il contesto in cui svilupparla, come fare a costruirla? come fare a misurarla?

  7. Poni questi validi ma a cui è difficile rispondere.
    Anche perchè quello nei social media è un work in progress..dove non ci sono certezze se non il fatto che le logiche tradizionali di comunicazione perdono di efficacia!

  8. ma certo che ci soon certezze: condividere e comunicare.
    Affrontare la cosa con quelle che definisci “logiche tradizionali di comunicazione” può sembrare sbagliato, ma non sempre è così.

    A mio avviso è errato dire che nei contesti social è tutto delegato al “caso”.

  9. Niente è affidato al caso.
    La presenza nei social media deve essere formalizzata all’ interno di una strategia.
    Intendevo solo che non c’è un metodo universalmente condiviso e certo per affrontare operativamente i social media, al di là ovvio delle sacre regole della partecipazione e condivisione dei contenuti.
    Per esempio, quando si parla di social media nell’ ambito farmaceutico si parla spesso della necessità da parte delle aziende di aprire il dialogo diretto con i pazienti…ma recenti indagini (come quella di cui parliamo) consigliano invece alle aziende non tanto di comunicare in modo interattivo con gli utenti quanto di aprire spazi dove i pazienti possano conversare con altri pazienti o medici.
    Con un ruolo di “moderatore” da parte delle aziende che sono chiamate ad intervenire nel caso di informazioni sbagliate o fuorvianti.
    Agendo in questo modo, come garante della correttezza delle informazioni trasmesse tra terzi (pazienti e medici), le aziende possono costruirsi quella reputazione di cui parli, per poi gradualmente inserire informazioni commerciali sui prodotti e dialogare su questi con pazienti e professionisti.

  10. Come User Experience Designer in ambito eHealth, posso dirti che un ecosistema sociale fortemente moderato non funziona, neppure in ambito eHealth.

    Anche in ambito eHealth le dinamiche sociali funzionano come in altri contesti, ma… bisogna stare molto attenti…
    Quale è il segreto?
    Non rinconcorrere frasi come “basta che è social funzioni”.
    Bisogna individuare i giusti contesti e portavi dentro i giusti attori.

  11. Concordo.
    Aprirsi ai social media senza una strategia è molto pericoloso..ne sa qualcosa la Sanofi Aventis che si è vista riempire la propria pagine Facebook dei post di una paziente inferocita per la perdita di capelli causata da un farmaco dell’ azienda francese, controindicazione che – secondo la paziente – non era stata ben comunicata.
    Guarda un pò…
    http://urlin.it/18a94

  12. Ehi Simone,

    ecco cosa ne penso : la vostra storia è come una banale cartolina…

    “A piegare il colosso farmaceutico sono stati due avvocati qualunque: il giovane nigeriano Etigwe Uwo e il divorzista del Connecticut Richard P. Altschuler. Insieme hanno rappresentato gli interessi delle famiglie africane danneggiate in una causa collettiva che non ha precedenti nella storia. Dapprima la Pfizer ha negato con forza ogni accusa. Quei bambini, ha sostenuto, non sono stati danneggiati dalla medicina ma dalla meningite che, in quel periodo, ha ucciso 11mila persone. Ma i genitori sapevano? Il governo nigeriano ha dimostrato di no. «L’esperimento – è stata la conclusione di una commissione di esperti – era illegale e non autorizzato. Un chiaro caso di sfruttamento dell’ignoranza». Nonostante il risarcimento Uwo e Altschuler continueranno la loro causa negli Stati Uniti. La loro tenacia ha ispirato il romanzo di John Le Carré The Constant Gardener. «Paragonata alla realtà – disse poi lo scrittore – la mia storia è banale come una cartolina».”

  13. Posso rispondere con una battuta..?!

    E la storia che ci racconti è attinente come la neve lo è ad Agosto….!

    Scherzi a parte…grazie, non conoscevo il caso…ma non vedo perchè dovrebbe ridurre ad una “banale cartolina” riflessioni sulle tendenze del modello commerciale nell’ industria della salute.
    O meglio tali contenuti sono la “mission” del blog..se li trovi banali puoi passare ad altro, o meglio ancora motivare il tuo pensiero.

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